La democrazia non è cosa nostra
- Tommaso Ippolito
- 20 apr 2016
- Tempo di lettura: 2 min

Il 17 Aprile quindici milioni e mezzo di italiani hanno espresso il loro voto. Quindici e mezzo su cinquanta aventi diritto. Una vergogna per il paese che si vanta di essere stata la patria del popolo fautore del Diritto. Indipendentemente dal proprio pensiero (favorevole o meno al rinnovo delle concessioni ai giacimenti) andare a votare era un dovere per ogni cittadino, come d’altronde recita la nostra costituzione: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico” art. 48. Politici e altri personaggi hanno osteggiato il referendum invitando la gente ad astenersi, chiedendo in pratica di votare contro l’abrogazione della norma, perché l’appello all’astensione è un espediente, se non proprio un trucco. Non si tratta di aver “ucciso il mare” o di aver “avvelenato le nostre coste”, perché non è di certo grazie ad un SI che avremmo risolto tutti i nostri problemi ambientali. Si tratta della vittoria dell’indifferenza, che è davvero una brutta bestia. Il risultato peggiore che si potesse ottenere era l’astensione: meno di un italiano su tre è andato a votare. In quale altro caso la frase dello scrittore francese sarebbe stata così calzante? Un risultato positivo però queste votazioni lo hanno dato: gran parte degli italiani è consapevole che non c’è futuro con il petrolio, perché prima o poi finirà, e la cosa migliore sarebbe iniziare a fare finta che già sia finito. Perché aspettare che si venga a creare un problema, tra l’altro certo, per cercare di risolverlo, invece di mettersi al lavoro fin da subito e sviluppare le vie alternative ai combustibili fossili? Forse ci sono in ballo favoreggiamenti, clientele e corruzioni varie, e quelle, purtroppo, non saranno fermate da un semplice referendum.
コメント